Questa settimana ci troviamo per parlare di uno dei sistemi di sfruttamento delle energie rinnovabili più in uso: il solare fotovoltaico.
Come abbiamo affermato nel nostro primo articolo, tutte le forme di energia che usiamo in maniera più o meno diretta hanno origine della nostra stella. Il solare fotovoltaico, insieme al solare termico di cui parleremo la prossima volta, è il modo più diretto per captare e sfruttare questa enorme e gratuita potenza trasformandola direttamente in energia elettrica.
PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO
Il principio di funzionamento è appunto l’effetto fotovoltaico. In parole povere è la capacità di un materiale semiconduttore di catturare un fotone (particella elementare senza massa contenuta nel raggio di luce) e di utilizzarlo per mettere in movimento un elettrone, ovvero appunto creare energia elettrica.
Questo primo passaggio avviene nei pannelli che devono pertanto essere esposti al sole. Continuando il percorso dell’energia elettrica prodotta, quando “esce” dai pannelli, attraverso cavi specifici, viene portata all’inverter. Tale componente, l’unico attivo di tutto l’impianto, provvede a convertire l’energia elettrica prodotta in maniera continua (come quella delle batterie) in alternata, ed a regolarne gli altri valori in base al tipo di cui abbiamo bisogno: Monofase 230 Volt o Trifase 400 Volt. Ne regola anche frequenza e amperaggio.
A questo punto abbiano energia identica a quella che normalmente acquistiamo dalla rete ma completamente gratuita.
TIPOLOGIA DI PANNELLI UTILIZZABILI
I pannelli, nella stragrande maggioranza dei casi, utilizzano il silicio come strato attivo. Come forma cristallina il silicio è utilizzato sia nella versione monocristallina che policristallina. L’evoluzione delle tecnologie costruttive ha diluito le differenze teoriche fra le due versioni. In sostanza oggi abbiamo il monocristallino che ha una potenza per unità di superficie più elevata con un costo leggermente maggiore, con il policristallino che invece ha un’efficienza più bassa e prezzo proporzionale.
Il silicio può essere utilizzato anche nella forma amorfa; questa ha il vantaggio, non essendo una sfoglia rigida come le altre due, di poter essere applicata anche su superfici complesse e flessibili. Inoltre il suo spessore può essere ridotto fino a far diventare semitrasparente il supporto su cui viene applicato, lasciando cioè passare un po’ di luce. Ovviamente, soprattutto in questo caso, ha molta meno efficienza e quindi per ottenere la stessa potenza servono superfici più grandi.
Questa terza forma di silicio appartiene alla più grande famiglia di pannelli che sfruttano la tecnologia del film sottile. A differenza dei primi due, che vengono realizzati accoppiando fette sottilissime del materiale scelto, nel film sottile il semiconduttore viene trattato come se fosse una vernice, e quindi “spruzzato” o comunque deposto con diversi sistemi industriali su un supporto, normalmente vetro.
Inizialmente questa tecnologia, molto meno energivora della prima, ha fatto intravedere grandi possibilità di sviluppo. Attualmente la capacità di diminuire sempre di più lo spessore delle “fette” del sistema con le celle ha portato sia un decremento dei costi che un aumento dell’efficienza tale da mettere un po’ in soffitta le tecnologie con film sottile. Ma nei laboratori di molte università sono in studio miscele di componenti diverse dalle attuali, che potrebbero nel medio termine portare ad una nuova primavera per questa tipologia di pannelli.
Oltre al silicio, per i pannelli in film sottile i mix di elementi più utilizzati sono: CIS (rame, indio, selenio) CIGS (selenio, indio, gallio, rame) CDTE (tellururo di cadmio, oggi in disuso in quanto contenenti CADMIO)
COME UTILIZZARE L’ENERGIA PRODOTTA
Quando la nostra abitazione, o la nostra attività, ne ha bisogno, la usiamo in sostituzione di quella normalmente acquistata, quindi andiamo direttamente ad abbattere i consumi. Se abbiamo dotato il nostro impianto di batterie possiamo accumulare l’energia prodotta in eccesso e utilizzarla in un secondo momento quanto il sole non c’è e l’impianto non produce.
L’eventuale, ulteriore, eccesso di produzione viene immesso in rete e, grazie al sistema di scambio sul posto, quando lo utilizzeremo in un momento successivo ci verrà rimborsato ad un valore molto interessante, anche se non per la totalità di quanto paghiamo l’energia al nostro fornitore.
I sistemi solari fotovoltaici, che possono essere dimensionati per qualunque consumo, dal più piccolo camper fino alla grande industria, sono estremamente affidabili e collaudati, garantendo la loro produzione per almeno 20/25 anni. Considerando che mediamente si ripagano in circa 5/6 anni è un investimento altamente vantaggioso anche dal punto di vista economico, oltre che ambientale.
Il vantaggio economico così alto consente anche di finanziare l’impianto. L’incidenza degli interessi non modifica in modo sostanziale il guadagno, ma consente altresì di non avere un esborso iniziale e di ripagarsi l’impianto con il risparmio generato.
Sfatiamo un mito: lo smaltimento e la tossicità dei materiali a fine vita.
Molto si è parlato in passato dei problemi ambientali che i pannelli fotovoltaici produrrebbero. In realtà sia normativamente che tecnicamente il problema è quasi del tutto inesistente. Vediamo, per sommi capi, il ciclo a fine vita dei componenti:
- Cavi elettrici: il rame viene riusato completamente e gli isolanti sono utilizzati come componenti per gomme riciclate per usi vari, da asfalti drenanti a pannelli fonoisolanti.
- Strutture: Alluminio, acciaio ed acciaio inox hanno una consolidata tradizione di recupero e riciclo, anche economicamente conveniente nei confronti dell’estrazione di nuovi minerali.
- Inverter: come ogni apparecchiatura elettronica contiene metalli, metalli nobili e plastiche, in varie percentuali. Tutti ampiamente recuperati e riutilizzati.
- Pannelli: i cristallini contengono vetro, alluminio, silicio, plastica, piccole percentuali di argento, stagno e rame per i conduttori. Tutti materiali che hanno già filiere di recupero e riciclo. Cosa leggermente diversa per quelli in film sottile. Alcuni utilizzano come semiconduttore minerali facilmente riutilizzabili, come appunto silicio, rame, indio, selenio. In altri invece sono presenti anche tracce di mercurio e cadmio. Solamente questa tipologia, che rappresenta una nicchia della nicchia, necessita di particolari processi per il corretto recupero. Ma stiamo parlando di una percentuale infinitesimale dei pannelli prodotti nel mondo.
Normativamente poi, i pannelli per essere immessi sul mercato sottostanno all’obbligo di adesione da parte del produttore o dell’importatore ad un consorzio di recupero, come per le batterie e l’olio usato. Adesione che comporta un costo già sostenuto appunto al momento della costruzione.
Il privato cittadino, quindi, nel momento in cui dovrà sostituire i pannelli, avrà solo da sostenere il costo di smontaggio e calo a terra. Dipende poi dal ciclo dei rifiuti di ogni comune, ma quasi ogni isola ecologica è abilitata al ritiro dei pannelli stessi.
SISTEMI COLLEGATI
A seguito dell’installazione di un impianto fotovoltaico si possono inoltre prevedere altre implementazioni che portano a sfruttare maggiormente l’energia elettrica in sostituzione del gas.
La cosa più semplice ed immediata è il piano cottura ad induzione; poi, salendo con l’investimento, la pompa di calore per l’acqua calda ed infine, se l’impianto lo consente, la pompa di calore per il riscaldamento ed eventualmente condizionamento.
In questo caso potremmo anche pensare di avere un’abitazione con una unica fonte di energia, ovvero l’elettricità, eliminando totalmente il contatore del gas e risparmiando cosi anche i relativi costi fissi.